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La polenta la contenta”, recita un vecchio proverbio, con l’intento di affermare che tale alimento non solo sazia la fame, ma in modo particolare è in grado di trasmettere un senso di appagamento generale. Non è un caso che, proprio quello scodellato sulla tafferia di faggio, dove Tonio – nei Promessi Sposi – riversò la polenta, sia stato declamato “cibo degli dei”.

Utilizzo la copertina del nuovo volume di Irene Foresti, attualmente alle stampe (lo presenteremo nelle prime settimane del prossimo anno), quale immagine augurale di capodanno, ma soprattutto nell’attesa di un nuovo proficuo anno: che il 2024 porti nelle nostre famiglie salute, benessere, pace e nutrimento. La polenta è per antonomasia un cibo di comunità: si consuma insieme ed è sempre stata al centro del desco familiare quotidiano.

Il segno di croce, immancabilmente impresso dalla devota massaia con la palèta, è un richiamo evidente alle nostre radici culturali, antica fonte di eucaristia domestica, alimento spirituale di unità e di affermazione del gruppo parentale, il cui profumo si estendeva come fumo d’incenso nella corte della casa contadina: la farina di mais cotta sul fuoco di legno d’àlbera infondeva all’intorno un inconfondibile richiamo alla liturgia familiare…

Il Centro Studi Valle Imagna ha accolto con favore questo ultimo lavoro di Irene Foresti, frutto di una fervida e proficua ricerca, destinato ad ampliare ulteriormente il solco degli studi di cultura alimentare promossi dal nostro sodalizio e divulgati all’interno delle diverse collane editoriali. Della stessa autrice cito i volumi da noi pubblicati: Cibo, terra e lavoro (2017), Stracchini (2020), Casoncelli (2021), Pentole e Campanili (2023).

In particolare mi piace accostare quest’ultimo libro sulla polenta a quello dedicato agli stracchini, poiché entrambi gli alimenti hanno rappresentato il fondamento dell’alimentazione rurale delle famiglie sulla montagna orobica, un concentrato di economia domestica, un abbinamento vincente che ha garantito per molti secoli la sopravvivenza di generazioni di valligiani.

Come nel grosso cassù di legno, lo scomparto riservato alla farina de la polénta, posto accanto a quello del farenàcio per gli animali, era sempre mezzo pieno, allo stesso modo nella credenza della nonna c’era sempre un pezzo di stracchino casalingo riposto sul piatto… BUON ANNO!

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Antonio Carminati

Direttore del Centro Studi Valle Imagna

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