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Ci siamo incontrati all’ingresso dei Musei civici del Castello di Pavia. Stessa domanda stessa risposta, a me e a lui: il Museo apre alle 14. Ci siamo inventati un itinerario che è passato per la gloriosa università tra statue e lapidi di professori illustri come quella del comasco Volta e dello scienziato camuno Camillo Golgi, del romagnolo Vincenzo Monti e della poetessa lodigiana Ada Negri, cercando una chiesa medievale che ricordavo dal portale scolpito in pietra arenaria.

“Lui” veniva da Buccinasco e in me ha subito suscitato ricordi di malavita milanese degli anni ’60, di macchine e occupanti fatti finire nel Naviglio, e Giorgio Scerbanenco, giornalista di cronaca del Corriere, vi ambientava i suoi gialli. “C’è ancora malavita ma ben mascherata. Per il resto è oggi una città giardino, ampie strade, con la Metro a disposizione e molte villette”.

Abbiamo cercato la chiesa raccogliendo informazioni su vaghi ricordi.  Una briosa vecchietta ci ha invogliato a gettare un’occhiata ad una vicina, la Chiesa di Santa Maria di Canepanova: “vedrete che non vi deluderà”. “Cane..?” me la sono fatta ripetere. La Chiesa sorse nel ‘500 per volontà della famiglia con quel nome che annoverò tra i discendenti un Papa. Sulla porta ho incrociato un religioso: “Barnabita?” mi è venuto da dire stando alla scritta del cartello, “no, francescano” e così dicendo si è dileguato.  Dimessa è fuori ma non dentro ricca di stucchi e decorazioni, affreschi illustranti episodi biblici del Nuovo ed Antico Testamento – per chi sa decifrarli certo, Giuditta che uccide Oloferne, Giacobbe incontra Rachele alla fonte, Gli ebrei verso la terra promessa – una cupola centrale che indora altari e navata con noi che dentro giriamo. Opera dello stesso architetto della nostra Cappella Colleoni, Giovanni Antonio Amedeo, la chiesa fu costruita attorno al dipinto della “Madonna del latte”, benefica immagine ed anche bella. A fianco il Liceo “Ugo Foscolo”, prima Collegio dei Barnabiti che dovettero lasciare dopo le leggi di Napoleone.

Tornati alla Chiesa di San Pietro in Ciel d’Oro dove avevo lasciato mia moglie all’inizio della celebrazione nel giorno di S. Agostino, stavano uscendo religiosi e fedeli, ma molti ancora trattenuti dall’aria di festa in scambi di ricordi e saluti. Gente, anche giovani, che sostava sotto l’Arca o in fila ordinata sulla scaletta per vederla da vicino, credenti o devoti, in composti soliloqui, come Agostino aveva intitolato lo scritto poco prima di essere battezzato a Milano nell’anno 387.

Liutprando, forse il più importante dei re Longobardi, aveva trasferito qui le ossa del Vescovo di Ippona morto nell’agosto del 430. La tomba era prestigio della città e del Regno. Liutprando si era speso per dare solidità alla conquista, alleggerendo l’Italia dal peso bizantino con il momentaneo beneplacito del Papa, Roma contro Bisanzio per la questione delle immagini. Liutprando aveva voluto essere sepolto in questa chiesa come ancora una lapide ricorda.

Con l’interlocutore milanese ho continuato a parlare, anche a pranzo nel ristorante vicino. Accasato a Buccinasco ma nato a Sesto San Giovanni, con il lavoro alla Falk quando gli operai erano più di diecimila e la mattina la strada era un formicolio, tra fonderie e laminatoi, il cielo di caligine infuocata. Lui preferì la vita del trasfertista in giro per la Lombardia e l’Italia. Poi anche l’estero, tanto più che la compagna era responsabile del marketing di una società francese. “Ho conosciuto New York perché lei mi propose dalla sera alla mattina un fine settimana a Manhattan. Alloggiati al 58 piano di un grattacielo che aveva un ristorante a veduta sulla città. Compreso il giro sulla Statua della libertà in elicottero”.

Nel pomeriggio la visita al Castello Visconteo sede dei Musei Civici. A Pavia – dal longobardo Papia – si rinchiuse Desiderio l’ultimo re longobardo, inseguito da Carlo Magno. Un assedio durato un anno. Sperava nell’aiuto del figlio Adelchi che era riparato a Verona. Desiderio finì i suoi giorni in Francia, non si sa dove e con lui cessò il sogno di un’Italia longobarda. Ci aveva creduto e lo aveva perseguito con una politica familiare fatta di alleanze e matrimoni.

Una notazione speciale merita la Pinacoteca Malaspina. Drappi, affreschi, polittici, dipinti su tavola e tele a olio, a piccolo e grande formato, di nomi eccellenti, artisti del Tardo Medioevo, Rinascimento, Barocco, e ben disposte suppellettili, vasellame, vetri, ceramiche, incisioni.

Alla fine ci siamo separati, lui per Buccinasco io per Bergamo. “Tra due giorni sarò al Santuario di Vicoforte che ha la cupola più grande del mondo”. Il vizio non l’ha perso, perché almeno una volta la settimana visita luoghi qua e là. Avevamo le auto distanti. Per me una spiacevole sorpresa: la multa – modica in verità – per aver sforato il tempo di parcheggio. Non so lui. Si era fidato di uno del posto – e io di lui – “In agosto è consentito parcheggiare senza limiti anche nelle strisce blu”.


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