Il Concilio Ecumenico Vaticano II aveva suscitato speranze. Puntualmente era uscito il libro La teologia della speranza di Jurgen Moltmann (1964). Moltmann che era stato prigioniero di guerra, aveva accolto con entusiasmo (e con invidia) il libro di Ernst Bloch scritto all’indomani della guerra fredda, sulle ali di nuove speranze. Un poderoso volume dal titolo Il principio speranza (1959).
Per Bloch tutto è in divenire. Proiettati nel tempo ci aspettano giorni felici o di catastrofe. Più ottimista però di Walter Benjamin che teneva sempre con sé l’acquarello di Paul Klée (Angelus Novus), anche quando tentò di fuggire alla Gestapo: un angelo si muove, le ali aperte, lo sguardo inorridito davanti alle macerie, arretrando verso il futuro. Quale futuro? Per Bloch l’essere non ha in sé fondamento, tutto è un farsi, e così per l’uomo, possibilità e tensione all’appagamento. Non ha un fine scontato, dipende e non dipende da lui, come una barca diretta ad un porto che è ancora da costruire. Si pone domande, cerca un senso, progetta, rivede, verifica e procede.
L’uomo è un essere storico, essere finito come diceva Heidegger, aperto all’essere e custode dell’essere nella domanda e nella risposta. L’adesso è l’oscuro attimo vissuto, ogni istante può essere significativo, da vivere come se fosse eterno. L’uomo rende possibile quel senso dell’essere che in sé è mancante. E’ nel “settimo giorno della creazione”, citando Sant’Agostino (dies septimus ipsi erimus), la sua un’identità da compiere. La speranza per Bloch, che in famiglia aveva respirato il senso dell’attesa messianica, si insinua in tutte le manifestazioni dell’uomo. Parafrasando il cogito di Cartesio (cogito ergo sum) Bloch dice che “nella speranza sarò” (spero ergo ero). Il desiderio spinge, la speranza ci orienta. La speranza va perseguita con pertinacia e coraggio. Si impara volta per volta aggiustando il tiro. La vita – e lo pensava negli anni bui del nazismo – si presenta in forme inaspettate, anche terribili, ma c’è spazio per il positivo, uno spazio etico per costruire una città migliore. Il mondo può divenire casa, può esserci una società diversa, un vivere che sia solidale con gli oppressi. Il noi è più ospitale dell’io.
Da marxista parla di eliminare le dipendenze. I progetti dell’uomo sono nella storia, per una Gerusalemme terrestre che non è la Civitas Dei di Agostino. Rivaluta la religione, ogni religione, che contiene desideri profondi, una spinta alla speranza. Vede un mondo utopico da perseguire, che non c’è ma è possibile, incompiuto ma non chiuso, di ordine diverso ma non ultraterreno. In ciò collegandosi a Nietzsche che era giunto alla soglia del Novecento facendo echeggiare il tragico annuncio: “Dio è morto” e raccontando del folle che di giorno si aggira per le strade con la lanterna a cercare Dio, e da tutti irriso: “Noi gli assassini di tutti gli assassini!” “Chi ci ripulirà dal suo sangue?” “Staccammo la terra dal suo sole, in quale direzione ora ci muoveremo?”
Nietzsche aveva ridimensionato l’importanza della verità, smascherato le illusioni anche del linguaggio, ingannevole perché ci fa credere alla parola che sembra etichettare una realtà salda. Per Nietzsche che annunciava la fine delle certezze l’uomo è all’inizio della prova: finalmente liberi dal bene e dal male, niente di irrevocabile, ormai senza paure paralizzanti perché tutto si può fare, tutto è da conquistare. Contro la speranza cristiana che porta fuori della storia, buona solo a prolungare la sofferenza umana.
Il protestante Moltmann traduce invece il più incoraggiante Bloch in messaggio cristiano. Il Dio della speranza è davanti a noi. Dio è colui che viene. Dio è nel vasto spazio del futuro. La luce è Cristo, in lui siamo certi del nostro avvenire. Non possiamo permetterci di parlare di mondo malvagio. Un Dio della speranza ci spinge e attende. Dio che si è manifestato con un gesto di liberazione nell’Esodo e si è incarnato definitivamente in Gesù ci rende saldi per una liberazione piena. Chiede collaborazione. Non possiamo lasciar fare, dobbiamo intervenire e assumerci la responsabilità per la vita della polis e del popolo. Perciò si parla di teologia politica. Teologia della liberazione (1971) precisa Gustavo Gutierrez. Le parole del credente sono emancipazione politica, difesa della dignità umana, riduzione delle miserie e delle sperequazioni, dei soprusi dei regimi totalitari. Altrimenti che Cristianesimo è? Sono parole prese dai documenti della Conferenza dell’Episcopato latinoamericano a Medellin (1968) in Colombia. Il messaggio cristiano deve essere “performante” non “informante”, calato nella vita quotidiana non lasciato nell’astrazione delle idee. C’erano uomini che lo autenticavano: il prete guerrigliero Camillo Torres, il vescovo brasiliano Hélder Camara, il vescovo assassinato Oscar Romero. In Italia erano gli anni del dissenso, della chiesa dal basso, dei cristiani per il socialismo, delle comunità di base, dei preti operai, delle missioni in periferia.
Sono passati cinquant’anni da allora. Il mondo non è più lo stesso. Si sono susseguiti cinque Papi. Il pensiero filosofico e teologico si arrovella attorno agli stessi temi: la vita, la morte, Dio, il senso, la storia, il nulla, ma le differenze si sono aggravate. Il mondo è sempre più villaggio globale si sono divaricate le opportunità, secondo la storia personale, la classe, la cultura, il territorio di appartenenza, la nazionalità. Torna la parola speranza ma più sussurrata che proclamata. Vien da pensare al mito di Pandora raccontato da Esiodo (VIII a.C), Pandora scelta come sposa per Epimeteo, fratello di Prometeo il trasgressore. Zeus aveva fatto il suo dono di nozze, un bel vaso sigillato con la raccomandazione di non aprirlo. Non resistette la donna dal guardare dentro. Aprendolo uscirono tutti i mali che lì erano stati rinchiusi e si sparsero dovunque per la terra. Rimase però sola, sul fondo, la speranza.
Riflessioni ai margini della conferenza di don Massimo Epis, docente del Seminario di Bergamo sul tema “La teologia della speranza, da J. Moltmann alla Spe salvi di Benedetto XVI” (Chiesa di Loreto, Bergamo 5 novembre 2024)