Gioie al tempo del Covid. V puntata.
Mai e poi mai avrei pensato di trovare tanta soddisfazione durante le vaccinazioni domiciliari. Ecco la nostra piccola esperienza che ha distribuito tanta felicità alle persone e a noi due operatori tanta gioia. Andiamo ad Almenno, zona laghetti e chiesa di san Giorgio. Corte contadina come anche la casa. Ci accoglie il figlio molto barbuto e simpatico. Ci introduce in cucina molto semplice e pulita. A capotavola è seduto il pater familias, 87 anni. Alla sua destra sta seduta la moglie. Dietro in piedi il figlio molto barbuto, al suo fianco la figlia.
Come sempre l’infermiere si presenta: “Sono Damiano della Fondazione Rota, come va?“.
“Vita magra, molto magra – pronuncia il papà – e ben venuti a voi e grazie per il vostro servizio“.
Mentre chiediamo notizie sanitarie e compiliamo i dati, si vede che si trova a suo agio ed inizia a parlare e parla… parla. Racconta che ha fatto l’autista Atb per oltre 30 anni e che ai primi mesi da pensionato quando guidava la macchina gli capitava frequentemente di frenare e fare delle soste sulla strada quando scorgeva un capannello di gente e di invitarli a salire. Oppure quando percorreva le strade di montagna (in particolare passo San Marco) affrontava le curve ed i tornanti prendendoli larghi come se guidasse il pullman o la corriera. Ho chiesto loro come si fossero conosciuti e mi raccontano che galeotto fu un prete don Angelo detto gratamür (esperto, intenditore e restauratore di affreschi di chiese).
Lei centralinista alla clinica Castelli e ricorda ancora con nostalgia come fosse brava e veloce nell’inserire i vecchi spinotti telefonici. Arte con affreschi, chiese, prét gratamür, vecchia telefonia… e fu amore e poi altare e poi figli. Da Almenno a Longa la strada è abbastanza breve e dopo poco minuti siamo in casa di una 91enne, occhialuta e seduta in carrozzina. A 34 anni i primi interventi e protesi al Rizzoli e tante limitazioni, ma appare briosa, vivace e partecipe alla nostra conversazione. Tanti anni di lavoro già da bambina nei campi, con le mucche per arrivare a concludere: “Gó mia üt bótèp“.
Io la vedo contenta in questa occasione assieme alla sua famiglia e a noi. Una cinciallegra che ci aspetta tra un mese e noi ritorneremo molto volentieri. La figlia che ci accompagna all’uscita ora è più serena e distesa e ci confessa (ma lo si vedeva facilmente in viso ) he era molto preoccupata per la vaccinazione e che il nostro modo di presentarsi e di fare le aveva spazzato via la paura. Poi, la giornata dal cielo incerto e poco luminoso continua, siamo in un piccolo borgo di Bruntino. Non è facile trovare la abitazione della paziente ma una nipote ci aspetta e ci accompagna. Entriamo in cucina e troviamo seduta al tavolo questa nonna di 95 anni. Intenta a sfogliare l’Eco di Bergamo di qualche settimana fa e ovviamente interessata solamente alla pagina dei morti. Cucina molto semplice, ordinata e ben pulita dalla figlia che si prende cura con dedizione e amore della mamma. Volto simpatico e gioviale, basta poco per farla esplodere in una risata sonora e coinvolgente
Da notare dietro le spalle della nostra amica la storica stufa bianca smaltata col canót de la stüa e il mestolino e i ferretti raggi da stenditoio per panni da asciugare. Facciamo il nostro compito facilmente soprattutto per la bravura di Damiano. La nonna è qualche un po’ ribelle e anche la figlia e la nipote ammettono difficoltà nella gestione perché non vuole essere toccata. Se toccata per spostarla o vestirla o altro si innervosisce e ripete burbera: ”Tóchèm mía,tóchèm mía“. Lo verifico subito volendo guardare con l’otoscopio le sue orecchie, convinto il suo deficit uditivo possa dipendere dalla presenza di cerume. Il primo orecchio riesco a vederlo bene, al secondo mi minaccia col “tóchém mía, tóchèm mía“. Il cerume comunque l’ho visto e prometto di passare per la pulizia… convinto di poter migliorare sensibilmente il suo udito. Usciamo e vedo questo paesaggio: il profilo inconfondibile di città alta. La mattinata è quindi conclusa nel miglior dei modi.
Le puntate precedenti:
Gioie al tempo del Covid. Vaccinare con enorme felicità
Vaffanculo, vaffanculo… il vaccino non lo faccio!
In vaccino veritas. Per la badante meglio Hitler di Stalin
Vaccini e misteri. Si chiama Lucia ma sulle carte c’è Adua… e poi il DUE LIRE
Grazie dottor Valerio x il servizio che svolgi con passione e x le belle storie che scrivi qui
Ma che bei racconti delle tue esperienze con i pazienti, dottor Valerio! Dalle tue parole traspare la spiccata empatia che stabilisci subito con coloro che curi, al fine di poter avere la loro collaborazione. Li conquisti con il tuo modo di fare, ti avvicini al loro mondo, li ascolti ed essi ti danno piena fiducia: continua così: sei un medico speciale!