Ho letto velocemente l’intervento di due stimati filosofi italiani, Agamben e Cacciari. Devo dire che mi hanno fatto riflettere. Effettivamente lo spettro della morte evocato continuamente da chi sostiene la necessità di vaccinarsi, insieme alla ripresa economica e al sogno di far tornare tutto come prima risulta essere una comunicazione pragmatica, ma abbastanza ambigua. Così come la cieca fiducia nell’ultima parola della scienza che, certo, molto ha fatto e sta facendo, ma non prende in considerazione, per sua stessa disposizione di pensiero, la libertà delle persone.
Penso tuttavia che, se occorre ritornare a pensare seriamente a questo grande valore, lo si può fare senza per questo dimenticare anche il tratto fondamentalmente sociale dell’uomo. Preferisco da questo punto di vista le profonde riflessioni di Maurice Merleau – Ponty, quando descrive la libertà dell’uomo come un atto non necessitato da ciò che lo precede, una novità assoluta, eppure subito dice che la ripresa di questo atto non è mai garantita, è sempre anche un’invocazione e un compito. Mi sono vaccinato subito, con molte perplessità, l’ho fatto pensando agli ammalati e agli anziani che vado a trovare, per le persone che frequentano le Messe. Certo, io sono libero di morire, di rischiare, non credo di sentirmi libero di uccidere.
Le scelte hanno sempre conseguenze che condizionano anche la vita degli altri. Altrimenti c’è sempre la possibilità, praticata dagli eremiti, di ritirarsi in una caverna, coltivare qualcosa da mangiare, trovare di che dissetarsi. Per quando riguarda la società di controllo, non serve il vaccino o il green pass per evocarla. Siamo immersi nel pensiero etero diretto, le nostre esistenze sono di fatto già manifeste a sistemi di controllo: smartphone, indirizzi mail, social, sistemi di video sicurezza, satelliti. Se uno ha un qualsiasi lavoro è già per ciò stesso immerso in questa condizione. Deleuze in uno scritto esortava a diventare il signor-zero, l’anonimo, tuttavia per poterlo fare, bisognerebbe smettere di pensare e di comunicare il proprio pensiero e, devo dire – anche se il mio può essere insignificante -, a questo non rinuncio.