Osservo con profondo piacere che l’Alpine Seminar 2020, allestito presso la Bibliosteria di Cà Berizzi e organizzato nell’ambito della X Edizione de I Maestri del Paesaggio, è dedicato alla memoria dell’agronomo Contardo Crotti, venuto a mancare il 12 marzo 2020, ferito mortalmente a seguito dell’attacco di Covid 19.
Giorni memorabili, tristi e di pessima fama, sono stati quelli della primavera scorsa. Contardo se n’è andato in silenzio, con umiltà, così come ha sempre vissuto, tra gli affetti della sua famiglia e all’ombra della grande stima collettiva conquistata e meritata sul campo nel corso di anni di intenso lavoro professionale. Come non ricordare quel famigerato mese di marzo, quando amici, parenti, semplici conoscenti cadevano improvvisamente, falcidiati dalla terribile pandemia, e L’Eco di Bergamo pubblicava ogni giorno oltre dieci pagine di necrologi funebri.
Come dimenticare le colonne di camion militari, carichi di bare con le salme dei nostri conterranei deceduti, che dagli ospedali cittadini erano diretti verso i principali forni crematori di altre province? In quel periodo siamo stati sepolti un po’ tutti quanti e una parte dei noi stessi se n’è andata assieme a quanti sono stati costretti a traghettare sull’altra sponda. Raffiche di numeri negativi e dati giornalieri di contagi e decessi, forniti direttamente dal Ministero della Sanità e diffusi tutti i giorni alle ore 18 a mezzo dei moderni sistemi radio-televisivi, sotto l’assedio pressante di Covid 19, hanno costituito per diverse settimane una vera oppressione quotidiana.
Dietro quei numeri – diverse centinaia tutti i giorni – si nascondevano persone, ciascuna delle quali espressione unica, insostituibile e irripetibile di umanità. Non è un caso che, al centro di questo Alpine Seminar, sia stato posto il tema: “Resistere, riorganizzare, ripartire”. Ancora più forti di prima e armati anche della memoria di quanti non ce l’hanno fatta. Di più: è anche per loro che ripartiamo.
Ho conosciuto Contardo nei primi anni Novanta del secolo scorso, quando il Centro Studi Valle Imagna muoveva i suoi primi passi, in cerca di una propria collocazione nel panorama dei soggetti interessati a costruire iniziative concrete per la conoscenza della cultura del territorio e la promozione di proficue azioni di sviluppo locale. L’opportunità era stata allora offerta dallo strumento comunitario denominato Leader II, che consentiva alle comunità locali di mettere a fuoco e progettare, secondo la logica del bottom up, piani locali di sviluppo e valorizzazione dei rispettivi contesti, per portare a galla risorse e stimolare la crescita di nuove opportunità di progresso.
Una logica decisamente innovativa, che pareva andasse meglio incontro alle specificità delle diverse aree geografiche, senza calare nulla dall’alto, ma consentendo alle singole aggregazioni territoriali di dotarsi dei propri livelli di programmazione socio-economica, sostenuta da apposite fonti di finanziamento. Contardo, su mandato dell’allora Presidente della Comunità Montana Valle Brembana, Piero Busi, anch’egli deceduto nello scorso mese di maggio – Covid imperante – stava sviluppando alcune linee di intervento per quel territorio, avviando così un sistema virtuoso di iniziative e programmi di sviluppo che ancora oggi stanno producendo frutti, attraverso la preziosa opera del Gruppo di Azione Locale (Gal), che rinnova di anno in anno la sua efficace presenza.
In Valle Imagna il processo nacque diversamente, non per iniziativa istituzionale, bensì da un gruppo spontaneo di soggetti, gli stessi che in quel periodo gettarono le basi per la costituzione del Centro Studi Valle Imagna, i quali riuscirono ad esprimere una straordinaria carica generativa di idee e azioni innovative per il cambiamento e il superamento di alcune situazioni di difficoltà. Lo strumento di programmazione Leader II, introducendo diversi elementi di novità nella costruzione dei processi locali di sviluppo, decisamente più rispettosi delle peculiarità e delle istanze provenienti dalle varie comunità, aveva suscitato notevoli entusiasmi.
Era un fiorire quotidiano di occasioni di incontro e discussione circa l’applicazione delle potenzialità offerte dal nuovo strumento di programmazione. Contardo si trovava anch’egli in prima linea su questo fronte e ci furono diversi momenti di confronto per quanto concerne le molteplici opportunità: mentre in Valle Brembana molti interventi riguardavano il sostegno del mondo agricolo, in Valle Imagna i temi principali erano connessi alla difesa di un’edilizia rurale diffusa e a carattere fortemente identitario in condizioni di abbandono, nonché alla costruzione di un progetto culturale più ampio, che trovò poi la sua migliore espressione nel Centro Studi Valle Imagna. Sono innanzitutto le persone, e le forze che esse riescono a mettere in campo, anche sul piano politico e istituzionale, a determinare l’esito dei singoli livelli di programmazione. Si profilarono sulla scena nuovi soggetti operativi, come gli animatori culturali, agricoli, sociali ed economici. Ma questa è un’altra storia.
Ricordo gli incontri nel suo studio, una bella dependance situata a pochi metri dall’abitazione privata, immerso nel verde del giardino sulla collina di Alzano. Quello studio è stata una preziosa fucina di formazione per diversi giovani praticanti agronomi, freschi di studi ma con poche esperienze di lavoro, alcuni dei quali oggi bene affermatisi sul piano professionale. Gran parte di essi ha continuato anche successivamente una proficua collaborazione con lo Studio Crotti, poiché Contardo sapeva trasformare le relazioni di collaborazione professionale, in rapporti di amicizia. Computer, carte topografiche, tavolo da disegno, scaffali con libri e rotoli di carta facevano da contorno ai nostri incontri.
Sempre mutevoli erano gli argomenti in discussione, pur considerando che il noto agronomo era più propenso a fare che a dire. Il confronto spaziava dai terrazzamenti colturali ai muretti a secco, dalle straordinarie infrastrutture agrarie di monte di cui sono ricchissime le nostre valli alle colture autoctone e primigenie dei versanti montani orobici (ispirate ai valori contadini e alle necessità della terra), dalle noci alle castagne, dai boschi di latifoglie alle selve castanili, anche in forza di una ricerca che gli era stata commissionata per documentare la consistenza e lo stato di fatto della castanicoltura in valle.
I nostri incontri erano improntati sulla semplicità e si trasformavano sempre in arricchenti e piacevoli conversazioni. Dietro il suo aspetto un po’ sornione e un sorriso per tratti malinconico, mai pieno, si celava un uomo dalle ampie vedute e dalle molte cautele, prudente e attento a cogliere la dimensione concreta della vita quotidiana delle persone ogni qualvolta era chiamato ad esprimersi attraverso atti e proposte di programmazione socio-economica. Ironizzando su quel pizzetto a punta, appeso sotto il mento, a volte lo chiamavo Kit Carson, perché mi ricordava il leggendario eroe dei fumetti, compagno delle vicende di Tex Willer. Contardo non ne aveva a male, anzi probabilmente quello spontaneo accostamento non lo disturbava affatto.
Le architetture rurali, vegetali e di edilizia storica, che tuttora caratterizzano unità ambientali di prim’ordine, lo affascinavano e si faceva piacevolmente coinvolgere da programmi integrati in grado di contemperare le diverse componenti strutturali del paesaggio, non solo quelle agricole di stretta competenza. Ho avuto modo di condividere con lui diverse progettualità connesse all’attività del Centro Studi Valle Imagna, come gli interventi di restauro e rigenerazione degli immobili storici della Roncaglia e di Cà Berizzi e altre opere di rivitalizzazione di manufatti rurali. Da amico, ancor prima che quale valido e raffinato professionista. Poi, nel nuovo millennio, le nostre strade si sono un po’ allontanate fisicamente: Contardo era sempre più preso dalla sua attività professionale, soprattutto per la gestione dei programmi di sviluppo della Valle Brembana, mentre io ho intrapreso un viaggio impegnativo nel coordinamento delle attività editoriali e di ricerca sociale del Centro Studi Valle Imagna.
Però, come appesi a un invisibile filo d’Arianna, i nostri contatti hanno continuato a rinnovarsi e viaggiare attraverso internet e i social a esso collegati, Newsletter e WhatsApp innanzitutto; più volte Contardo si lamentava dispiaciuto di non riuscire a partecipare ai vari eventi promossi. La comunicazione non si è mai interrotta e la notizia, improvvisa quanto inaspettata, della sua dipartita ci ha lasciati increduli e sgomenti. Nella mia rubrica di WhatsApp e nelle Newsletter del Centro Studi non ho cancellato il suo contatto e ancora oggi continuo a comunicare con lui. È una finzione, d’accordo, ma finché la memoria resiste, e rimangono operanti i suoi canali di trasmissione, Contardo continua ad essere un amico e testimone presente. E l’invito che oggi ci lancia, attraverso l’Alpine Seminar a lui dedicato, è: Resistere, riorganizzare, ripartire!
Adieu, caro Maestro del paesaggio.