Il tema della filosofia è da sempre stata la verità. Il filosofo pensa di poter o dover dire la verità. Diversi i modi di dirla, due in particolare nel ‘900, quello di Heidegger e quello di Emanuele Severino.
Per Heidegger l’idea di verità ha preso una storta con Tommaso D’Aquino, quella che considera la verità “adeguatio rei et intellectus”: vero è ciò che dice come stanno le cose. Per Heidegger è stato un errare dalla giusta idea di verità, che c’era all’origine tra i presocratici. Era un’idea di verità che risuona nella parola greca, alezeia, in cui la “a” privativa sta per “non” e “lezeia” richiama il fiume dell’oblio, Lete. La verità è ciò che non si nasconde più ma si manifesta. Non ha niente a che vedere con l’idea di sudditanza o di imitazione. La verità non si adegua ma viene alla luce. La verità è timida, non si impone ma si manifesta ritraendosi.
La visione di verità come adeguazione assume una connotazione di discorso preciso, esatto, incontrovertibile, che nessuno può smentire. Assume il volto di guerriero che si impone. La vera scienza è episteme, che sta in piedi da sola, è salda e non si può negare.
Come la parola essere. Heidegger parla di essere che si manifesta nelle cose. Dov’è l’essere? Io non vedo l’essere ma la bandiera che è, o il tavolo e la lampada, queste sono. L’essere in quanto tale si sottrae. Le cose sono. Non c’è l’essere fuori. L’essere è nelle cose che sono. L’essere indeterminato, identico, si determina nelle cose.
Così la verità che si determina distinguendo le cose, si manifesta nella forma logica dell’identità e della differenza. Il principio di non contraddizione (verità incontrovertibile, principium firmissimum) regola i rapporti tra le cose. La sedia non è il tavolo, è sé stessa e non altra.
L’essere e la verità si fanno enti, si determinano nelle cose, regolate nei loro rapporti dal principio di non contraddizione.
L’incipit della tragedia di Shakespeare Re Lear è la messa in scena del principio, nel trionfo e nel naufragio.
Il vecchio re vuole abdicare e decide di dividere il regno tra le tre figlie, una delle quali Cordelia è la prediletta. Prima di farlo domanda alle figlie quanto lo amano. Ognuna riceverà in proporzione all’amore. Una dopo l’altra rispondono. Goneril e Regan decantano con paragoni il loro smisurato affetto, Cordelia evade la domanda. Poi incalzata dal padre risponde di amarlo semplicemente, quanto una figlia può amare il padre. “Solo questo mi sai dire?” “Null’altro” risponde. Il re offeso la disereda, nonostante il fido Kent lo metta sull’avviso: “ti sbagli!” Tutto inutile. La figlia si è autoesclusa, il principio è confermato e trionfa, ma Re Lear dal trionfo precipita negli inferi, travolto dalla follia.
Il principio (Re Lear) distingue. Trova l’ostacolo (Cordelia) che nega il principio (amare incondizionatamente). Si conferma (princeps).
Ma è possibile negare il principio di non contraddizione? Chi nega il principio dice l’opposto: cioè dice che le cose sono identiche alle altre e diverse da sè stesse. Assurdo! La verità è incontrovertibile. L’errore è impossibile, semplicemente non si costituisce. Ci può essere forse la persuasione di negare la verità, ma nessuno può negarla di fatto perché chi la nega si toglie da sé. Aristotele lo ribadisce fermamente.
Ma, si domanda Donà seguendo il maestro Severino, senza l’errore può costituirsi la verità? Se la verità sbaraglia tutti e tutto non rischia di rovinare anch’essa? Senza l’errore la verità non è più verità, non ha più nulla da contrapporre, non ha più nulla da cui distinguersi. La verità finisce per errare e senza nulla che la distingue impazzisce come Re Lear. Si manifesta semplicemente, alezeia, il falso come il vero. Se è vero che tutto si distingue, la verità non si distingue.
Eppure noi giudichiamo secondo le categorie di bene e di male, continuiamo a dividere le azioni in buone e cattive, premiamo le azioni buone e puniamo le cattive. Ma tali opposizioni non riescono a costituirsi. Si può forse indicare una cosa solamente bella? Avrà sempre in sé qualcosa di non bello. Si può pensare a San Francesco, il Santo per antonomasia: avrà sempre una smorfia, uno scatto poco consono. Non si trova il bene in sé eppure giudichiamo secondo l’opposizione di bene e di male. Vanità delle opposizioni!
(Massimo Donà a Noesis 2022. Sintesi della lezione dal titolo Verità come incontrovertibilità. Un destino? all’Auditorium del Liceo Mascheroni di Bergamo, 17 gennaio 2023)