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E’ comunemente accettato che dubbi e incertezze sono vinte davanti al testimone oculare. Non si obbietta a chi dice “L’ho visto io!”. L’autopsia è il miglior criterio di verità. Oida in greco, che significa “io so”, in realtà è il passato del verbo orào (vedere), letteralmente “ho visto”. Tutto è risolto con la testimonianza.

Esiodo, poeta del VIII secolo, dice di aver incontrato sul monte Elicona le Muse che gli avevano ispirato il suo canto, e quindi il canto è veritiero. Omero ne è la controprova: la Musa ha comunicato a lui, cieco, il poema e così ha accreditato la sua testimonianza. Tucidide, storico della guerra tra Atene e Sparta, è legittimato a raccontarla in quanto vi ha partecipato. Il medico ippocratico non cura la malattia ma il paziente che va a vedere. Platone nel Fedone fa dire all’interlocutore Simmia che per sapere le cose basta che accadano e uno se le trova davanti, oppure qualcuno dice dove guardare.

La filosofia si muove su un altro piano. Si interroga sulle grandi questioni, quelle generali del bene e del male, dell’umano e del divino, dell’essere e del divenire e sembrerebbe perciò che qui il criterio del vedere non sia più pertinente. Resta allora irraggiungibile la verità?

Affatto, secondo Parmenide, il quale immagina che delle fanciulle lo conducano su un cocchio trascinato da cavalle al cospetto della Dea che gli rivela il cuore tondo della verità dell’essere che “è”, in contrapposizione all’opinione che “non è”. Il pensiero corrisponde allo stato della realtà e la verità si impone. Non si discosta Eraclito per il quale si arriva alla verità attraverso il logos, ragionando. Non è sempre facile, non è di tutti, anzi la maggioranza è dormiente ed incapace di intendere le leggi del mondo circostante, ma la verità è raggiungibile.

I sofisti contestano questo pensiero. La verità è un’opinione. Protagora si rifà alle sensazioni che sono diverse per ciascuno di noi, una pietanza risultando salata ad uno all’altro no. Qualsiasi cosa si dica è transitoria, destinata a mutare. La verità non è un attributo della cosa ma del nostro pensiero. L’unica verità che esiste è quella che dice che la verità non c’è.

Gorgia ribadisce la differenza tra pensiero ed essere. Quando uno descrive a parole le cose pensa di consegnare all’atto le cose, invece consegna solo parole. Pensare è come udire con gli occhi, impossibile perché si tratta di due organi diversi.

Platone sulla verità non è dello stesso parere. I suoi interessi filosofici sono in gran parte di carattere pratico. Vogliono essere una guida per l’etica e la politica. A differenza di Socrate, che restava nel vago, faceva sempre domande, diceva di non sapere, lasciava agli altri tirare conclusioni – molti si stancavano e si rivolgevano ad altri – Platone è più propositivo. Sulla verità, tra Parmenide e i Sofisti, cerca una via d’uscita.

Tutti riconoscono la necessità del bene, salvo che è difficile trovare l’accordo su che cosa sia. Si cerca. Si ha però la sensazione che al di là delle opinioni ci sia un punto di fuga dove tutti bene o male convergono. Le soluzioni offrono un bene frantumato, povero in sé, insoddisfacente, ma che rimanda oltre, ad un’unica origine.

Platone, a proposito delle idee, si rifà alla dottrina della reminiscenza. Le anime viaggiavano nell’Iperuranio prima di incarnarsi. Erano, dice, a contatto con la verità, e familiarizzavano con le idee di bene, di giusto, di bello. Sono poi entrate in questo mondo delle apparenze. Si trovano nell’ambiguità. I valori non appaiono più chiari ed evidenti ma di loro è rimasta una traccia. In questo mondo dove potrebbe trionfare lo scetticismo, qualcosa c’è, restano le tracce del buono, del bello, del vero. Platone crede nei valori che possono tutti accomunare e perciò si continua a dialogare e ragionare.

Non si affida a una rivelazione. Questa è propria della religione cristiana per la quale Cristo è il testimone della verità, a cui bisogna credere, e tale testimonianza è fondata su chi ha udito la sua parola e visto le sue opere. Per Platone la verità non è presente e tonda, né rivelata e garantita da qualche essere superiore. E’ confusa e incerta, ma comunque è lì.

(Franco Trabattoni a Noesis 202/23. Sintesi della lezione dal titolo Verità e credenza. Un confronto con gli antichi nella Sala Piccoli Musici di Casazza, 14 aprile 2023)

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