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I social media sono spazi virtuali dove risuona la propria voce (Cass R. Sunstein, La democrazia all’epoca dei social media 2018). Anziché mettere a confronto chi la pensa diversamente fanno discorrere coloro che sono della stessa opinione.

Sarebbe necessario invece scambiarsi le idee, ospitare persone differenti, non negare all’altro di dire la propria anche se dissonante. Altrimenti si verifica il fenomeno della polarizzazione, ognuno si radicalizza nella sua posizione, ritenendo la propria l’unica verità che non ha bisogno di giustificazione. La famiglia americana di oggi, più di ieri, si dispiace del figlio che sposa chi appartiene allo schieramento politico opposto. Alla TV generalista si opta per i palinsesti di nicchia, un programma su misura. Tutto ciò non è indice di cittadinanza attiva che ha bisogno di maturare la scelta dopo adeguata esposizione alle informazioni e il necessario confronto.

Con un popolo incerto e inerte si costruiscono le fake news. Distorcono i fatti in modo da colpire. Incredibile è la facilità di diffusione, sei volte più di quelle vere. Sanno vendersi nel modo migliore, le persone alla ricerca del sensazionale. Chi le confeziona lo sa. Si fanno passare idee come condivise da moltissimi.

Conoscendo i like di un utente è possibile ricostruire gusti e opinioni. Più che la sostanza si guarda la forma, non le argomentazioni ma come sono esposte, secondo l’angolazione scelta. Gli schemi comportamentali rivelano più di quel che diciamo o pensiamo di comunicare.

La politica l’ha capito e ne trae vantaggio. Obama come Trump. Costruiscono il personaggio, l’importante è sapersi raccontare. Con le fake news si induce la gente a votare e si spostano i voti, basta toccare il tasto della sicurezza e del benessere. Vince le elezioni chi sa intercettare e comunicare narrazioni (Sofia Ventura, I leader e le loro storie 2019). E’ cambiata la narrazione politica dopo gli anni ’70, ormai focalizzata sul personaggio (Berlusconi, Sarkozy). Ha adottato linguaggi della società dello spettacolo. Si propone una narrazione di sé in coerenza con le narrazioni e le attese della società.

Si toccano le corde emotive. Nel discorso di insediamento Obama fa riferimento al padre, per il quale era impensabile poter essere servito in un ristorante riservato ai bianchi, così può farsi promotore di una società americana nuova, multietnica, aperta. Trump lancia l’allarme per un’ America in declino  e il suo slogan diventa make America great again, il sogno di una Grande America. Si permette di dire cose scomode all’establishment perché non ne fa parte e gridare “riportiamo il potere al popolo americano!”. Due narrazioni che si rintracciano nel paese, l‘America delle opportunità e della convivenza di religioni e popoli e quella cowboy solitario, l’eroe di frontiera che conquista e difende il proprio spazio.

Nella società liquida (Bauman) il leader diventa il referente. In crisi i partiti, si cercano nuove modalità di scelta. I media dettano le regole con i nuovi linguaggi e suggeriscono al politico, ma non solo a lui, il modo di rivolgersi al pubblico. Il successo è nelle mani di chi sa ben comunicare.

In tempi di guerra fredda Internet augurò il mondo senza confini, un luogo di condivisione e solidarietà al di là delle logiche di mercato. Gli utopisti del ciberspazio credevano di aver trovato il non-luogo di libertà e di superamento delle diseguaglianze. Oggi non è così. Internet è uno spazio da colonizzare, una dimensione geopolitica di controllo, un monopolio del mercato, il far west dei profitti.

Facebook si presenta ancora come una rivoluzione sociale, vuol essere una piattaforma per tutti, dichiara di non voler vendere dati e rinunciare ai profitti secondo lo spirito dei primi cyber utopisti, ma di fatto è un campo dove pochi dominano e dettano le regole.

Quali contromisure prendere? Come difenderci da questi poteri che minacciano la nostra autonomia e l’ordine della democrazia? Non bastano le norme sulla privacy, troppo facile aggirarle. Più che clienti rischiamo di essere materia da vendere e acquistare. Le circostanze storiche hanno permesso ai poteri forti di dotarsi di uno scudo giuridico favorevole. Non vogliono sentir parlare di lacci di qualsiasi genere. Attaccarli da un punto di vista filosofico e culturale non è facile come invece lo fu per la Scuola di Francoforte alle prese con un potere rozzo e repressivo.

Oggi il sistema promette piacere e sapere, nuove opportunità e libertà di legami. La sua narrazione usa ancora parole come libertà, partecipazione, condivisione, conoscenza senza confini, di fatto si tratta d’altro. Pensiamo di poter usare i loro schermi per conoscere la verità e invece questi schermi, schermando la verità, conoscono la nostra di verità per usarla.

(Sintesi della lezione di Maria Russo a dal titolo Verità e narrazioni. La comunicazione nell’era del digitale nell’ambito di Noesis all’Auditorium Mascheroni del 6 dicembre 2022)

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