Zitti e buoni. Ancora una volta ci salva la musica. Ci voleva una performance musicale, ci voleva il rock moderno dei Maneskin per imporre l’Italia a livello internazionale, vincendo l’Eurovision Song Contest. L’Italia culla della musica, della civiltà musicale: dalla teoria agli strumenti, dalla composizione ai musicisti, dal melodramma ai teatri. Un’Italia che emerge a testa alta come modello di una tradizione millenaria che ha saputo porsi come termine di paragone e come paradigma esemplare nella costruzione e sviluppo dei suoni in forma artistica. Nel villaggio globale dominato da emergenze sanitarie e minacce ecologiche, dove il potere mediatico condiziona informazione e cultura, l’Italia della musica fa parlare di sé in termini di eccellenza molto più e molto meglio della sua classe politica e dirigenziale.
Politici rissosi, i nostri, in perenne campagna elettorale che lasciano ai posteri i veri problemi da risolvere senza soluzione di continuità. In perenne competizione a chi urla di più, a chi interrompe meglio per apparire figo mediatico, alla ricerca del voto perduto. In perenne conflitto d’interesse, si scambiano le bandierine di appartenenza a seconda se rende di più a garanzia di eventuale prossima rielezione. Politici, spesso collusi e corrotti, ammaliati solo dal miraggio continuamente auspicato e agognato della cabina elettorale in grado di garantire stipendio mensile e bonus irraggiungibili per i comuni mortali concittadini. Politici che si lasciano superare da 4 giovani borgatari romani fuori di testa, ma con un’idea precisa e vincente di fare musica. 4 ragazzi che fino a 5 anni fa erano sconosciuti e che in nome della musica hanno scalato l’Everest dell’incultura di massa e dell’omologazione “ideologica”.
Vi serva da lezione, cari i nostri politici. Anche se dubitiamo della vostra presa di coscienza. Perché tutto andrà avanti più o meno come sempre. Lasciando al talento individuale la possibilità di scalare improbabili graduatorie meritocratiche e sfidare remunerative oltre che meritate professionalità e “posti fissi”. Invece dovreste essere voi, dovete essere voi classe politica a favorire l’arte, la cultura, la creatività. Che hanno da sempre salvato l’Italia. Dovete essere voi a favorire posti di lavoro nella musica e nell’arte in generale. Se ritenete indispensabile per la salute del corpo istituire presidi sanitari in ogni città, altrettanto dovreste (dovete) fare per la salute mentale (della mente e del pensiero di tutti i cittadini). Istituire o quantomeno sostenere in ogni città un’orchestra (come avviene per le biblioteche) che consenta a tutti i laureati dei conservatori di stato (!) una possibilità professionale e lavorativa oltre che artistica. Orchestre e scuole di musica di ogni tipo: classica, jazz, rock, multietnica.
È la musica, politici cari, la carta vincente per i giovani. Maneskin docet. Così come la cultura tutta è la carta vincente dell’Italia. Sarebbe, la carta vincente dell’Italia se solo foste in grado di comprenderlo a fondo, alla faccia delle vostre lobbby di appartenenza e dei vostri (provinciali) territori di riferimento elettorale. Una grande, enorme campagna di sostegno finanziario e di rinnovamento artistico, restauro archeologico, decentramento culturale, sviluppo delle diversità locali e peculiarità territoriali, incremento “energetico” della ricerca, diffusione capillare di strumenti musicali e non, di performance e possibilità aggregative, di manifestazioni e spettacolarità oltre i grandi nomi (che richiedono grandi risorse finanziarie) e i soliti noti (che non ne hanno bisogno). Tutto questo creerebbe un circolo virtuoso di crescita culturale, lavorativa, dunque economica. E soprattutto di speranza e di futuro per le giovani generazioni. Finalmente! Senza dimenticare l’enorme richiamo turistico interno ed estero che tornerebbe a imporre l’Italia in cima alle mete internazionali dei tour operator di tutto il mondo.
Il patrimonio più grande, più prezioso e pregiato, più completo e competitivo, più remunerativo anche che il nostro Bel Paese possiede (grazie anche a chi è venuto prima di noi, compresi i politici illuminati e i mecenati) è proprio quello culturale. Forse, solo quello culturale. Non occorre essere superdotati per capirlo. Questo cari politici dovreste (dovete) essere in grado di fare se ambite a migliorare il Paese come proclamate sempre. Una riforma culturale! Probabilmente la madre di tutte le riforme. Ma che, ahimè, non compare nella vostra agenda delle riforme del Piano Nazionale di Resistenza e Resilienza. Eppure solo una grande riforma culturale creerebbe l’indotto positivo e adeguato a favorire tutte le altre vostre riforme. Solo in nome del nostro immenso patrimonio culturale (quindi turistico) possiamo uscire fuori dal tunnel di questa pandemia e delle precedenti crisi economiche irrisolte, e realizzare quella RINASCITA che proclamate tanto a parole.
Si attuerebbe così più che una rinascita un vero RINASCIMENTO Italiano che già altre volte nella storia ha salvato il nostro Paese e lo ha imposto al centro del mondo. Peccato: ancora una volta tutto lascia supporre che sarà un’occasione persa. Sprecata. Se non siete in grado di realizzarla allora hanno totalmente ragione i Maneskin: ZITTI E BUONI. SIAMO FUORI DI TESTA.